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In cammino verso il matrimonio. Ciclo di incontri per l’anno 2025/2026

L’Ufficio diocesano di Pastorale familiare presenta il calendario degli itinerari di preparazione al sacramento del matrimonio per l’anno 2025-2026. Gli incontri sono pensati per accompagnare le coppie attraverso una riflessione sui valori evangelici del matrimonio, sulla convivenza responsabile, sulla salute delle relazioni e sul cammino di fede familiare.

Il calendario degli incontri

Le coppie partecipanti, le equipe e i sacerdoti di riferimento, condivideranno esperienze, dubbi e domande, con il sostegno di alcune famiglie che offriranno testimonianze concrete e orientamenti pastorali, affinché il cammino verso il matrimonio sia vissuto in autenticità, discernimento e comunione ecclesiale. La zona sud (Trestina) inizia gli incontri venerdì 10 ottobre , presso i locali dell’oratorio. Il calendario prosegue, venerdì 16 gennaio , con la zona nord (San Giustino). La parrocchia di San Giovanni agli Zoccolanti (zona centro), accoglierà i fidanzati lunedì 26 gennaio. Tutti gli incontri, con cadenza settimanale, iniziano alle ore 21.

Come iscriversi ai corsi

Gli itinerari offrono uno spazio di ascolto, confronto e crescita comune, nel vissuto quotidiano delle parrocchie e delle famiglie della comunità, accompagnando i futuri sposi nel rispetto dell’esperienza personale. Per informazioni e per definire l’iscrizione, si raccomanda di contattare i referenti di zona: don Stefano Sipos, tel. 3200203760 (zona sud), don Filippo Milli, tel. 3343216074 (zona nord), fra Giuseppe Renda, tel. 3401608505 (zona centro). I parroci invitano i fidanzati a una partecipazione consapevole, indispensabile per intraprendere un serio cammino di coppia e di famiglia. 

Claendario incontri preparazione matrimonio. Anno 2025/2026

Città di Castello: il vescovo Luciano celebra i trent’anni anni di sacerdozio

Si è concluso ieri pomeriggio con la celebrazione nella basilica cattedrale dei Santi Florido e Amanzio di Città di Castello il percorso di ringraziamento per i trent’anni di ordinazione sacerdotale del vescovo Luciano Paolucci Bedini. Nella liturgia di domenica 5 ottobre, presieduta insieme a numerosi sacerdoti diocesani, il vescovo ha ripercorso con parole semplici e autentiche le tappe più significative del suo cammino, restituendo a tutta la comunità un’intensa riflessione sulla fede, sul servizio e sul senso profondo della vocazione.

Un ministero nato da un granello di fede

“Dopo trent’anni di ministero sacerdotale – ha detto – vorrei fare al Signore la stessa domanda degli Apostoli: accresci in me la fede”. La risposta, ha ricordato il vescovo, è quella di sempre: un granello di senape basta per trasformare la vita, perché in esso è custodita tutta la forza del Vangelo. “È quel granello che si è acceso da bambino grazie alla testimonianza dei miei genitori, che è cresciuto in parrocchia, tra scout, catechismo e animazione. È la fede che mi ha portato, da giovane, a dire il mio sì”.

Servi inutili, ma nella logica dell’amore

L’omelia ha toccato uno dei temi più forti del Vangelo del giorno: “Quando avete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili”. Una frase che, per il vescovo Luciano, non è rinuncia ma consapevolezza: “Essere servi non ci spaventa se sappiamo che siamo al servizio dell’amore di Dio. Perché quella vita spesa per gli altri ci fa scoprire che anche gli altri sono dono per noi”.

Il servizio nella Chiesa non è carriera

Tra i passaggi più personali, anche il ricordo della chiamata a diventare vescovo di Città di Castello: “Molti direbbero: «è stato promosso, che bravo, se l’è meritato». No. È un gradino in più in discesa per servire ancora. E non è un caso che il titolo più bello del Papa sia «servo dei servi di Dio»”. Un’affermazione che il vescovo ha legato all’esperienza concreta della sua vita ecclesiale: “Siamo servi inutili anche da parroci, da formatori, da insegnanti… ma dentro a questo ‘inutile’ c’è tutto il senso di una vita spesa per amore”.

Il grazie alla comunità tifernate

Nelle sue parole anche un grazie silenzioso alla comunità tifernate, affidatagli dal Santo Padre tre anni fa. “Custodisci mediante lo Spirito Santo il bene prezioso che ti è stato affidato – ha citato san Paolo –. Non posso non pensare a questa Chiesa che oggi mi è data in custodia”.

 

Un cammino che prosegue con ascolto e fedeltà

“Siamo qui per pregare con lui e per lui – ha detto il vicario generale, don Andrea Czortek all’inizio della celebrazione -. L’augurio che gli rivolgiamo è che possa rinnovare la gioia e l’entusiasmo di quel 30 settembre di trent’anni fa, possa fare suo lo stile del servizio di cui proprio oggi sentiamo parlare da Gesù nel Vangelo. Essere discepoli significa essere ‘servi’ nel modo proprio del sacerdote e del vescovo. Don Luciano lo è da trent’anni, adesso anche in mezzo a noi. Per questo anche noi diciamo grazie al Signore e al vescovo facciamo i nostri auguri”.

La celebrazione nella cattedrale di Città di Castello – alla quale ha partecipato anche il vicesindaco Giuseppe Stefano Bernicchi, in rappresentanza dell’amministrazione comunale tifernate – ha segnato l’ultima tappa di un cammino cominciato nei giorni scorsi a Gubbio e ad Ancona, sua diocesi di origine. 

Un itinerario spirituale, vissuto tra i luoghi della memoria e del servizio, che ha voluto mettere al centro la preghiera, la gratitudine e l’ascolto. “Che il Signore ci doni davvero di continuare a seguirlo – ha concluso il vescovo Luciano –. E il segreto è tutto nella preghiera del salmo: ascoltate oggi la voce del Signore”.

 

La festa di san Francesco d’Assisi

A Città di Castello le parrocchie di San Francesco e San Giovanni Battista celebrano san Francesco d’Assisi con due giornate intense. Venerdì 3 ottobre, nella chiesa di San Giovanni Battista (Zoccolanti), si terrà alle ore 21 la liturgia del Transito, per rivivere il momento conclusivo della vita terrena del Poverello. Sabato 4 ottobre, nella chiesa di San Francesco, il programma prevede Lodi mattutine, Santa Messa, Vespri e, alle 18, la celebrazione solenne animata dalla Schola Cantorum “Anton Maria Abbatini” e dalla Confraternita di Santo Spirito, alla presenza delle autorità civili e militari.

Comunità rinnovate dalla divina Parola

Carissimi fratelli e sorelle,

il Signore Gesù, dopo la sua risurrezione, ha inviato i suoi discepoli come missionari perché la Parola di salvezza arrivasse in ogni angolo della terra. Così la Chiesa è fiorita e cresciuta in tutto il mondo, ma il Vangelo della vita nuova porta in sé il desiderio di giungere fino ad ogni cuore perché tanti, conoscendo il Signore e la sua misericordia, si lascino riconciliare con il Padre e siano partecipi di quella fraternità che è la Chiesa. Oltre la storia e le culture di ciascun popolo, le usanze e le tradizioni di ogni latitudine, la Parola di Dio è luce che rischiara l’orizzonte e indica un cammino condiviso. È Parola che tocca e commuove, riempie e dona gioia, cura e risana, purifica e riconcilia, risponde alle attese profonde dell’animo umano e le supera per aprire vie nuove e inaudite. È la Parola che il Signore rivolge a tutti noi per convocarci e riunirci come suo popolo, per rivelarci i suoi progetti di pace, per abbattere muri e costruire ponti laddove l’umanità nutre distanze e favorisce i conflitti.

Una Chiesa missionaria

La Chiesa dunque è per sua natura missionaria e noi tutti che ne facciamo parte siamo chiamati a metterci in stato di missione permanente. Quella Parola eterna che il Signore vuol donare a tutti è prima di tutto per ciascuno di noi. Ne abbiamo bisogno per vivere e per sperare. È il fondamento del nostro credere e la linfa del nostro amare. Prima di pensare come donarla agli altri, facendo progetti e promuovendo iniziative pastorali, è indispensabile che la ascoltiamo noi per noi stessi. Solo una Parola accolta e incarnata nella vita accende in noi il desiderio di condividerla e ci insegna i linguaggi adatti ad annunciarla in questo nostro tempo. Invito ogni comunità, in questo mese missionario di ottobre, ad inventarsi e mettere in opera momenti di ascolto e di condivisione della Parola del Vangelo, senza altro obiettivo che quello di lasciar risuonare tra noi le parole di Gesù e la potenza del suo amore, e di farlo alla luce dello Spirito d’Amore perché il frutto sia solo quello della carità. Questo esercizio spirituale radica la nostra vita di discepoli e fa crescere la comunità cristiana. Possiamo farlo nei gruppi, nelle case, consacrati e laici insieme, con i piccoli e i giovani, in coppia o tra famiglie.

Comunità fraterne rinnovate dal Vangelo

Di comunità nuove la Chiesa ha urgente bisogno per tornare ad essere missionaria. Comunità fraterne rinnovate dal Vangelo. Comunità credibili perché profetiche nella testimonianza. Comunità vive e vivaci capaci di accoglienza per tutti e di dialogo con ogni situazione umana. Comunità colorate dalla gioia del Vangelo, pronte a piangere con chi piange e a gioire con chi gioisce. Comunità disarmate e riconciliate, espressione della tenerezza di Dio e della sua misericordia. Comunità povere e umili, affidate alla sola ricchezza di Dio e maestre esperte dell’arte della condivisione. Comunità aperte a chi passa e bussa e non chiuse nel circolo rassicurante dei soliti noti. Comunità sempre in cammino sulla strada come Gesù e non sedute in casa accomodate nelle proprie ripetitività. Sono queste Comunità rinnovate dalla divina Parola quegli otri nuovi di cui il Signore ha bisogno oggi per versare e custodire il vino sempre nuovo del suo Amore.

La Vigna del Signore attende i suoi operai!

don Luciano, vescovo

Trent’anni da sacerdote per il vescovo Luciano. Le celebrazioni in Umbria e nelle Marche

Le comunità diocesane di ieri e di oggi si stringono intorno a don Luciano Paolucci Bedini, vescovo di Città di Castello e di Gubbio, per il 30esimo anniversario di consacrazione sacerdotale.

Ordinato il 30 settembre 1995 nella cattedrale di San Ciriaco ad Ancona da mons. Franco Festorazzi, il vescovo Luciano ha scelto di vivere questo traguardo con sobrietà e gratitudine, in alcuni luoghi significativi del suo cammino vocazionale.

Le celebrazioni prenderanno il via domenica 28 settembre alle ore 17, quando la comunità diocesana di Gubbio si ritroverà nella basilica di Sant’Ubaldo per una solenne messa di ringraziamento. Seguiranno poi nella diocesi di origine, ad Ancona, con tre appuntamenti liturgici: martedì 30 settembre nella cattedrale di San Ciriaco (ore 9), mercoledì primo ottobre (ore 18.30) nella parrocchia di Torrette e giovedì 2 ottobre (ore 18.30) nella parrocchia di San Paolo, dove don Luciano ha esercitato per anni il suo ministero come viceparroco, con particolare attenzione alla pastorale giovanile. Domenica 5 ottobre, alle ore 18.30, sarà la cattedrale di Città di Castello ad accogliere fedeli e sacerdoti per una nuova celebrazione eucaristica.

Nato a Jesi nel 1968, mons. Paolucci Bedini ha dedicato gran parte della sua vita al servizio della catechesi, dell’educazione e della formazione, specialmente tra i giovani. Dal 2017 guida la diocesi di Gubbio e dal 2022 anche quella di Città di Castello. Come vescovo di due Chiese particolarmente ricche di storia e di fede, continua a mettere a frutto questa esperienza al servizio del Popolo di Dio, animando la vita pastorale con uno stile comunicativo autentico e vicino alla gente. Il trentesimo di ordinazione presbiterale diventa così non solo un momento personale di riflessione e preghiera, ma anche un’occasione di comunione per le comunità che ne condividono il cammino.

In occasione di questo significativo anniversario, il sindaco di Città di Castello, Luca Secondi, insieme alla Giunta comunale, ha voluto esprimere al vescovo Luciano le più vive felicitazioni e un sentito augurio per il suo ministero. La città si unisce con riconoscenza e affetto alla gioia di questo traguardo, manifestando stima e vicinanza a un pastore che, con sensibilità e dedizione, accompagna il cammino della comunità tifernate.

 

CorriCastello 2025: oltre 550 iscritti per una città che corre tra sport e solidarietà

Una città in movimento, unita dallo sport e dalla solidarietà. La seconda edizione della CorriCastello – Ogni passo conta, andata in scena domenica 7 settembre, ha registrato un successo superiore alle attese: 551 iscritti complessivi, di cui 447 tra competitivi e non competitivi e 104 bambini protagonisti delle corse dedicate ai più piccoli. Un risultato che conferma la capacità dell’evento di coinvolgere atleti, famiglie e cittadini in una grande festa collettiva.

I vincitori

Nella gara competitiva sugli 8 chilometri attraverso i rioni cittadini, il più veloce è stato Michele Pastorini, che ha tagliato il traguardo in 26’14”. Prima donna assoluta Giulia Giorni, con il tempo di 29’44”: vive a Perugia ma il padre è tifernate, e l’emozione di correre e vincere nella città d’origine della sua famiglia ha reso ancora più significativo il risultato.

La prova non competitiva, dedicata alla memoria di Frank Migliorati, storico iscritto al Marathon Club purtroppo scomparso, ha visto imporsi Davide Soldi e Patrizia Lacrimini. Il Trofeo Caritas per il gruppo più numeroso è andato agli Olympic Runners Lama, che hanno schierato in gara una nutrita rappresentanza di atleti.

I più piccoli e una “mascotte speciale”

Grande entusiasmo per la CorriCastello Junior, che ha visto 104 bambini correre con le magliette personalizzate della Caritas. Andando oltre la classifica, c’è stata tanta allegria e la medaglia ricordo consegnata a ciascun partecipante. La “più piccola iscritta” è stata Ludovica Benedetti, appena cinque mesi, nipotina di Luca Martinelli, presidente del Marathon Club: una presenza simbolica che ha strappato sorrisi e applausi al pubblico.

Collaborazione e organizzazione

La giornata ha confermato la qualità dell’organizzazione, frutto della collaborazione tra più soggetti. In particolare, il Marathon Club e l’Atletica Pakman di Città di Castello hanno garantito, con competenza tecnica e passione, un evento curato in ogni dettaglio. La sinergia con la Caritas diocesana ha dato forma a una manifestazione che non si limita all’aspetto sportivo, ma che lascia una traccia tangibile sul territorio.

Volontari e solidarietà

Dietro il successo organizzativo c’è stato anche il lavoro silenzioso di 15 volontari della Caritas, alcuni dei quali migranti in accoglienza, impegnati a presidiare il percorso e a garantire la sicurezza della gara. Un segno concreto di quella dimensione di comunità che l’iniziativa vuole testimoniare.

La finalità solidale resta infatti il cuore della manifestazione: i proventi delle iscrizioni, al netto delle spese, saranno destinati all’emergenza abitativa, una delle criticità più urgenti che la Caritas si trova ad affrontare.

Una festa per la città

Tra la gioia dei bambini, la sfida degli agonisti e l’impegno di chi ha scelto di camminare, la CorriCastello 2025 ha restituito a Città di Castello l’immagine di una comunità viva e solidale. Una corsa che non è solo gara, ma occasione di incontro e di testimonianza. Perché, ancora una volta, questa edizione lo ha dimostrato: ogni passo conta davvero.

 

Associazione Chiese storiche: formazione, incontri e visite guidate

Le attività promosse dall’associazione Chiese storiche di Città di Castello, che hanno accompagnato anche il periodo estivo, continuano nei prossimi mesi con incontri tematici, visite guidate e lezioni.

I prossimi appuntamenti

Venerdì 19 settembre , alle ore 17, presso la Biblioteca comunale, l’ing. Giovanni Cangi condurrà la conferenza dal titolo “La chiesa di Santa Maria Maggiore, i Palazzi dei Vitelli e l’influsso sull’urbanistica della città”. Sabato 11 ottobre , nell’abito dei corsi di formazione promossi dalla Conferenza episcopale italiana e sostenuti dai fondi 8xmille alla Chiesa cattolica, i volontari dell’associazione si recheranno a Mercatello sul Metauro, percorrendo le strade e visitando i luoghi di santa Margherita. La giornata sarà preceduta da una lezione che avrà come tema centrale la figura di santa Margherita di Città di Castello, la sua vita e il suo carisma.

La formazione

Nel mese di ottobre e novembre si concluderà l’anno di formazione, con gli incontri del 17 ottobre su “La chiesa di San Francesco, le sue cappelle e i suoi altari: origini e storia” – relatrice Valeria Nardi, del 26 ottobre su “S. Maria Maggiore: gli affreschi dal Rinascimento al ‘900” relatore Luciano Vanni e del 7 novembre su “I Vitelli: la presenza nel territorio a nord di Città di Castello” – relatrice Nadia Burzigotti. Nel mese di settembre inoltre, continua il servizio di accoglienza nelle chiese del centro storico: tutti i sabati dalle ore 11 alle ore 12.30. Tutti coloro che sono interessati alle attività promosse dall’associazione, in collaborazione con la Diocesi tifernate, possono consultare il sito www.chiesestoriche.it e il profilo Facebook .

CorriCastello 2025: lo sport che unisce e fa bene alla città

Torna domenica 7 settembre la CorriCastello – Ogni passo conta, la corsa che lo scorso anno ha riportato in città il clima delle grandi manifestazioni popolari e che anche quest’anno promette di trasformare il centro storico in un palcoscenico di festa, sport e solidarietà.

La manifestazione, giunta alla sua seconda edizione, è promossa dalla Caritas Diocesana di Città di Castello insieme al Marathon Club e ad Atletica Pakman, con il patrocinio del Comune e della Federazione Italiana di Atletica Leggera – Comitato Umbria. Obiettivo dichiarato: correre insieme per una buona causa, perché ogni passo, come recita lo slogan scelto, davvero “conta”.

Una città in movimento

Il programma della giornata si aprirà alle 8 del mattino, quando i partecipanti si ritroveranno in piazza Matteotti, cuore della città tifernate. Alle ore 9 toccherà ai più piccoli: il centro storico accoglierà le corse riservate ai bambini e ai ragazzi, con distanze diverse in base all’età, dai 50 ai 1200 metri, curate come lo scorso anno dall’Atletica Pakman. Non ci sarà classifica, ma solo la gioia di partecipare, con la certezza di ricevere una medaglia ricordo da portare a casa.

Alle ore 10 scatterà invece la gara principale: un percorso di 8 chilometri che attraverserà i rioni cittadini, ripercorrendo in gran parte il tracciato storico della “StraCastello”. La corsa è aperta sia agli agonisti, con validità come prova del Gran Premio AltoTevere, sia a chi desidera affrontarla in maniera più distesa, grazie alla formula non competitiva e alla camminata a passo libero, pensata per famiglie e gruppi. Le strade saranno chiuse al traffico e presidiate per garantire sicurezza a tutti i partecipanti.

Una corsa che fa bene due volte

La CorriCastello non è solo sport, ma soprattutto solidarietà. Parte del ricavato delle iscrizioni, al netto delle spese, sarà devoluto alla Caritas diocesana per sostenere l’emergenza abitativa, un bisogno purtroppo sempre più urgente anche nel territorio tifernate.

«Nel 2024 abbiamo avuto oltre 500 iscritti, con tantissime famiglie e più di 100 bambini – ricorda Gaetano Zucchini, direttore della Caritas –. È stata una festa che ci ha riempito il cuore. Quest’anno vogliamo ripetere quell’esperienza, ma con un’attenzione ancora più concreta a chi vive difficoltà. Camminare o correre insieme significa non essere indifferenti».

Lo spirito della CorriCastello

A sottolineare la continuità con la tradizione è Luca Martinelli, presidente del Marathon Club: «Il percorso è lo stesso degli storici 8 chilometri della StraCastello, la corsa che per decenni ha coinvolto l’intera città. Non potendo più usare quel nome, abbiamo scelto CorriCastello, ma lo spirito è lo stesso: un evento che unisce, prima ancora che una gara. Vogliamo che partecipino non solo i competitivi, ma anche chi desidera camminare, magari con i figli, in un momento che appartiene alla città intera».

Il sindaco Luca Secondi conferma il valore identitario dell’iniziativa: «CorriCastello è già diventata un appuntamento riconoscibile nel panorama cittadino. È un’occasione di divertimento sano che però richiama anche la responsabilità verso le fragilità che viviamo come comunità».

E il vescovo mons. Luciano Paolucci Bedini sottolinea la dimensione educativa: «Lo sport richiama tante persone e permette di vivere insieme momenti belli, ma anche di accendere l’attenzione su chi fa più fatica. È significativo che ci sia spazio per le famiglie e per i bambini: sono loro a dare il senso più vero di una città che cresce insieme».

Come iscriversi

Le iscrizioni sono già aperte. Gli atleti competitivi possono registrarsi online tramite il portale www.icron.it. La quota è di 10 euro fino a venerdì 5 settembre, che diventeranno 12 euro per chi sceglierà di iscriversi la mattina stessa della gara. Per i non competitivi e per chi partecipa alla camminata la quota è 10 euro, invariata anche all’ultimo minuto. La partecipazione dei bambini è gratuita o a offerta liberaOltre che online, sarà possibile iscriversi direttamente nei giorni precedenti presso i gazebo del Marathon Club allestiti in città. Ai primi 600 iscritti, sia competitivi che non, sarà consegnata una maglietta ricordo dell’evento. 

Per maggiori informazioni ci si può rivolgere alla Caritas diocesana (tel. 0758553911, web www.caritascdc.it) oppure al Marathon Club (tel. 3281415725 – 3315677483, web www.marathonclubcdc.it).

Una città che corre insieme

La manifestazione è resa possibile anche grazie al sostegno di numerose realtà economiche locali che hanno scelto di legare il loro nome a un’iniziativa che porta con sé i valori dello sport e della solidarietà. Domenica 7 settembre, dunque, Città di Castello si rimetterà le scarpe da corsa per vivere un’esperienza che non è solo una gara, ma un modo per ritrovarsi, stringersi insieme e guardare con attenzione a chi ha più bisogno.

 

Città di Castello si ritrova unita davanti alla Madonna delle Grazie

Una comunità raccolta attorno alla propria patrona. Così si è presentata ieri la chiesa-santuario della Madonna delle Grazie, gremita di fedeli per l’intera giornata della solennità del 26 agosto, culmine di un cammino di preghiera che aveva visto nei giorni precedenti il triduo, la veglia e la processione con l’immagine mariana tanto venerata.

Il momento più atteso è stata la concelebrazione solenne presieduta dal vescovo diocesano, mons. Luciano Paolucci Bedini, concelebrata dai sacerdoti e dai diaconi della diocesi, a cominciare dal parroco e vicario diocesano don Andrea Czortek, con il sostegno della corale “Marietta Alboni” e della confraternita di Santo Spirito. Al termine, il vescovo ha impartito la benedizione davanti all’immagine della Madonna delle Grazie – patrona principale di Città di Castello e secondaria dell’intera diocesi tifernate – custodita nella cappella laterale del santuario, luogo privilegiato della devozione che da secoli accompagna la vita religiosa e anche civile del popolo tifernate. Alla liturgia solenne ha partecipato anche il sindaco del Comune tifernate, Luca Secondi, con il gonfalone della Città.

L’omelia del vescovo: la grazia come segno

Nella sua omelia mons. Paolucci Bedini ha preso spunto dal Vangelo delle nozze di Cana, sottolineando che ciò che nei Vangeli viene chiamato “miracolo” è in realtà “segno”: «Il Signore non gioca con noi e il suo amore non è magia. I segni di Gesù sono indicazioni che rivelano la verità dell’amore misericordioso di Dio».

La figura di Maria, ha ricordato il vescovo, è quella della madre attenta, che si accorge di dove manca la grazia del Signore: «Lo sguardo materno di Maria si accorge sempre di dove manca la grazia di Dio: nella vita delle famiglie, della nostra città, di un mondo stanco e ferito». Da qui il duplice compito della Vergine: intercedere presso il Figlio e nello stesso tempo rivolgersi ai fedeli con l’invito evangelico “Fate quello che vi dirà”.

«Le grazie del Signore – ha proseguito – non si attendono in maniera passiva. Esse ci coinvolgono, chiedono il nostro contributo, la nostra vicinanza, il nostro servizio. Maria ci indica la via perché l’amore di Dio possa raggiungere chi ne ha bisogno».

Una devozione che unisce

La festa di ieri ha mostrato, ancora una volta, come la devozione alla Madonna delle Grazie non sia solo eredità storica ma presente vivo, capace di radunare la comunità attorno alla fede e di rinnovarne lo slancio missionario. «Ogni volta che la grazia dell’amore di Dio raggiunge una persona – ha concluso il vescovo – lì si manifesta la gloria del Signore, segno che muove, rinnova e rinforza la nostra fede».

La giornata si è chiusa con un senso di gratitudine condivisa: per la presenza di Maria, patrona e madre della città, e per la certezza che anche oggi continua a guidare il suo popolo con lo stesso sguardo attento di Cana.

 

 

Badia Petroia: la comunità riabbraccia  il cuore spirituale del suo territorio

Una giornata di festa, emozione e memoria condivisa: così la comunità di Badia Petroia ha accolto la tanto attesa riapertura della cripta dell’abbazia benedettina, tornata finalmente accessibile dopo oltre trent’anni di chiusura.

La celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo Luciano Paolucci Bedini ha dato avvio alla mattinata inaugurale, seguita dal momento istituzionale con gli interventi delle autorità civili e religiose e, infine, dalla visita al gioiello restaurato. Tante persone hanno gremito la chiesa e l’atrio antistante, testimoniando con la loro presenza l’attaccamento profondo a questo luogo millenario.

Una lunga attesa durata trent’anni

La cripta era chiusa al culto dal 1995, anno dell’ultima celebrazione (un battesimo). I danni causati dai terremoti e le fragilità strutturali sull’Abbazia avevano reso necessario un lungo e complesso percorso di consolidamento e restauro, avviato negli anni 2000 e portato a compimento in più fasi grazie al contributo della Regione Umbria e della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria, oltre al sostegno di cittadini e associazioni locali.

Dopo il terremoto del 1997 e ulteriori problemi statici, la cripta era rimasta imprigionata per anni tra puntellamenti provvisori e lavori interrotti. Oggi, grazie al progetto dello studio Tosti e associati, coordinato dall’ing. Giuseppe Lacava per la Soprintendenza, è tornata a vivere con una rinnovata stabilità e un moderno sistema di illuminazione che ne valorizza l’atmosfera raccolta. Solo nelle ultime fasi dei lavori, la Soprintendenza umbra ha investito oltre 230mila euro per le varie opere necessarie.

Il vescovo Paolucci Bedini: “La cripta è il fondamento che regge tutto”

Nell’omelia, il vescovo Paolucci Bedini ha sottolineato il valore simbolico della riapertura: “Le chiese benedettine, come questa abbazia, erano costituite su tre livelli. Oggi riapriamo la cripta, il livello più profondo, il fondamento, quello che non si vede ma che regge tutto. Qui si custodiva la fede dei martiri e dei santi: si scendeva per pregare e ricevere quella grazia senza la quale la vita non cresce”.

Un richiamo alla dimensione spirituale che ha toccato il cuore dei presenti, che hanno riscoperto la profondità simbolica di questo spazio sacro.

Il sindaco Secondi: “Una sfida di comunità”

Anche il sindaco di Città di Castello, Luca Secondi presente insieme all’assessore alla Cultura, Michela Botteghi -,  ha voluto sottolineare l’importanza corale del risultato raggiunto: “È stato un percorso pluridecennale, con tanti ostacoli e intoppi amministrativi. Ma alla fine ci siamo arrivati, grazie all’impegno di professionisti, maestranze e soprattutto della comunità di Badia Petroia, che non ha mai smesso di crederci. È stata una vera sfida di comunità”.

Don Vichi: “Un sogno realizzato prima di morire”

Fra i più emozionati, il parroco don Adolfo Vichi, che ha seguito la vicenda per decenni: “Avevo quasi perso la speranza. Avevo chiesto all’impresa dell’architetto Antonio Lunghi di Assisi di lasciarmi celebrare di nuovo nella cripta prima di morire. Oggi il sogno si è realizzato. La grande partecipazione della gente è per me la gioia più grande”.

I tecnici: memoria, passione e professionalità

L’ingegnere Massimo Tosti, che ha raccolto il testimone professionale e umano dal padre Giuseppe, ha ricordato con commozione la promessa fatta al parroco: “Oggi sento mio padre presente qui con me. Abbiamo portato a termine un incarico complesso ma di grande soddisfazione, rendendo felice don Adolfo e la comunità. È un momento che custodirò sempre nel cuore”.

L’ingegnere Giuseppe Lacava della Soprintendenza ha evidenziato la complessità del percorso tecnico: “Dopo anni di abbandono, bisognava fare qualcosa. Le scelte fatte rispettano i principi del restauro: interventi visibili, reversibili, rispettosi della materia storica. Siamo tutti contenti del risultato”.

La voce della comunità

Particolarmente sentite le parole di Valentina Anselmi, ingegnere e membro del Consiglio parrocchiale per gli affari economici: “Per noi è una giornata storica. Qui ci sono nata, da bambina pregavo nella cripta. Dopo trent’anni possiamo di nuovo entrare nel cuore pulsante dell’abbazia. Siamo felici e orgogliosi di questo dono”.

Un bene ritrovato, una comunità rinnovata

Con la riapertura della cripta, Badia Petroia non recupera solo un bene architettonico di grande pregio, ma soprattutto un luogo di identità e spiritualità.

Il clima di festa che ha accompagnato la giornata – fatto di applausi, sorrisi e commozione – testimonia che questo restauro non è soltanto un intervento tecnico, ma il segno concreto di una comunità che, unita, ha saputo custodire e ritrovare il proprio cuore più profondo.

Nelle prossime settimane, la Curia diocesana tifernate – con il vescovo Luciano Paolucci Bedini, l’economo Aldo Benedetti e la responsabile dell’Ufficio beni culturali ecclesiastici Federica Tarducci – ha intenzione di organizzare un incontro con la comunità parrocchiale per illustrare le tappe e i dettagli che hanno portato al recupero dell’abbazia fino ad ora e quali potranno essere ulteriori passi in avanti da mettere in “cantiere” nel futuro prossimo.

 

Storia, architettura e rinascita di un gioiello medievale

Le origini benedettine (X secolo)

L’Abbazia di Badia Petroia, situata nel territorio di Città di Castello, venne fondata intorno al 960 dai monaci benedettini. In quell’epoca furono edificati il monastero e la prima chiesa, destinati a diventare un importante punto di riferimento religioso e culturale per tutta l’Alta Valle del Tevere.

La trasformazione romanica (XII-XIII secolo)

Tra il XII e il XIII secolo la chiesa fu completamente riedificata in forme romaniche, con tre navate, tre absidi e una cripta monumentale. La pianta longitudinale e l’imponente transetto sopraelevato testimoniavano il ruolo liturgico e monastico dell’edificio, che si sviluppava su tre diversi livelli pavimentali destinati rispettivamente a fedeli, monaci e clero.

Il declino del monastero

Già alla fine del Quattrocento l’abbazia cessò di essere un centro monastico attivo. Nel 1871 i beni vennero concessi in enfiteusi alla famiglia Rossi, che ancora oggi possiede una parte del complesso, trasformato in villa privata. Nel corso dei secoli, l’insieme unitario del monastero si è dissolto: alcune aree sono diventate abitazioni civili, altre sono cadute in rovina, e solo la chiesa abbaziale ha conservato la sua funzione originaria di luogo di culto.

Architettura della chiesa

Originariamente la chiesa presentava otto campate: quattro destinate ai fedeli, tre al coro dei monaci e una al presbiterio. Era coperta da capriate lignee, con un transetto poco sporgente e una scenografica cripta triabsidata sottostante.

Oggi la pianta appare ridotta a croce latina: la navata sinistra è scomparsa, quella destra in parte inglobata in edifici privati e la porzione anteriore è stata perduta a causa di terremoti. La facciata originaria in pietra arenaria, scandita da lesene verticali, si conserva parzialmente, così come la base del campanile quadrato, crollato nel sisma del 1917.

La cripta: cuore spirituale dell’abbazia

Sotto il transetto si estende la straordinaria cripta del XII secolo, composta da quindici campate con volte a crociera sostenute da pilastri, colonne e lesene. L’abside maggiore presenta un sistema di mensole, mentre quelle laterali scaricano su colonne e pilastri in arenaria.

Nel tempo la cripta ha subito danni significativi a causa dei terremoti, con lesioni evidenti soprattutto sulle colonne più esili. Dopo il sisma del 1984 furono installati sostegni provvisori in legno, poi sostituiti da imponenti strutture metalliche e in cemento che per decenni hanno compromesso la lettura estetica e architettonica dell’ambiente.

Dal restauro alla rinascita

Grazie a un lungo e complesso intervento di recupero e restauro, la cripta è oggi restituita alla comunità e ai visitatori. La sua riapertura segna non solo la riscoperta di un ambiente di eccezionale valore storico e artistico, ma anche la rinascita di un luogo che, da oltre mille anni, custodisce la memoria e la spiritualità di un intero territorio.