Nei secoli, la creazione di nuove e più veloci vie di comunicazione e la crescente importanza assunta dai centri nelle vallate hanno isolato progressivamente il territorio ove si trova la Pieve; all’inizio del XX secolo solo la mulattiera di Candeggio la collegava con Città di Castello e un difficile sentiero conduceva poi a Pietralunga, oggi occorre circa mezz’ora di viaggio in aperta campagna per raggiungerla. Non risulta alcuna descrizione dell’aspetto medievale della Pieve di Saddi né tantomeno del tempio su cui essa è stata probabilmente fondata; non è però azzardato, per analogia con altri edifici medievali, immaginarsela composta di tre navate coperte con un tetto a salienti, le volte della cripta a sostegno del presbiterio che termina con un’abside semicircolare, all’esterno un portale preceduto da un nartece ed affiancata da un campanile. Certo è che il complesso di Saddi era qualche cosa di costruito con esplicito scopo difensivo come sono gli edifici ed i piccoli agglomerati medievali isolati della zona. Numerose e profonde modifiche hanno condotto la Pieve all’aspetto attuale. Va ricordato, ad esempio, il terribile terremoto del 1353 che causò il crollo di molti edifici e più di tremila morti a Città di Castello e nel circondario. Il primo cantiere di cui si ha notizia certa, è quello voluto dal vescovo Giulio Vitelli nel 1520; una delle motivazioni che lo spinsero ad intervenire sull’edificio, la cui struttura doveva versare in cattive condizioni anche in conseguenza al sisma del 1458, può essere stata la volontà di affermare la potenza della famiglia Vitelli che solo alcuni decenni prima aveva riconquistato il potere a Città di Castello e, conseguentemente a Pietralunga. Il territorio è ora più sicuro e l’edificio può perdere l’aspetto della fortezza a favore di un’immagine più prestigiosa attraverso la quale accrescere la notorietà della famiglia e la potenza della gerarchia ecclesiastica. Numerosi sono poi i terremoti documentati che, nei secoli XVII e XVIII, hanno interessato il territorio di Pietralunga (1620, 1693, 1781) arrecando gravi danni: possiamo quindi ravvisare in questi eventi la causa dei rimaneggiamenti cui nessun testo accenna ma che certamente si sovrapposero all’intervento di Vitelli. Le visite pastorali dell’Ottocento evidenziano problemi di piccola manutenzione connessi alla pavimentazione, al tetto, all’umidità eccessiva della cripta. Durante la seconda guerra, la Pieve di Saddi fu luogo di combattimenti: la chiesa e la canonica, occupate dai tedeschi, furono oggetto di cannoneggiamenti da parte degli alleati. Il complesso della Pieve di Saddi si compone di tre organismi architettonici facilmente individuabili: la torre a pianta quadrata, la chiesa a tre navate con cripta e l’abitazione che accorpa la torre alla facciata della chiesa.
La chiesa
La chiesa si presenta ripartita internamente in tre navate coperte con capriate lignee. Ogni navata è separata dalle altre da tre archi a tutto sesto sorretti da pilastri rettangolari; blocchi di arenaria ben squadrati ne costituiscono la struttura. La data di costruzione di questa parte della chiesa può esser collocata, all’incirca, nell’XI secolo. L’asse maggiore dell’edificio è quello est – ovest, con l’abside rivolta ad est. Nella chiave della volta absidale lo stemma di Giulio Vitelli testimonia il suo intervento come ne sono prova il suo nome e lo stemma sul vaso di marmo che fungeva da fonte battesimale collocato in una nicchia nella parete volta ad ovest ed ora conservato al museo capitolare della cattedrale di Città di Castello. Alcuni affreschi devozionali mal conservati, opera di qualche ignoto pittore locale del XVI secolo, ed i resti di un’iscrizione in caratteri goticheggianti, sono le ultime memorie di un’insieme di decorazioni che caratterizzavano l’interno. Un campanile a vela con due campane si innalza al disopra del muro che conclude il volume della chiesa ad ovest, in corrispondenza della navata centrale. La cripta si estende al disotto del transetto ed accoglie l’altare del sepolcro di San Crescenziano entro cui erano conservate le spoglie del santo.
La torre
La torre era in origine isolata ed è certamente la parte più antica dell’insieme. La porta principale era quella che si apriva nel lato est, oggi all’interno dell’abitazione.Numerose sono le modifiche apportate alla parte più alta della struttura che terminava probabilmente con una cella che accoglieva le campane ed una merlatura, modificate nei secoli sino all’attuale tetto a capanna. L’odierna disposizione dell’abitato di Saddi è andata ad interferire con la funzione di avvistamento per cui la torre, come altre analoghe costruzioni in posizione strategica nelle colline circostanti, era stata costruita. Serviva a controllare i movimenti prevalentemente ad est, lungo la vallata del rio Sansa che si getta nel torrente Carpina; in questa direzione si rivolgeva la sua facciata principale. Comunicava otticamente con il paese di Coloti e con la torre di Confornano. Era quindi uno dei punti la cui unione costituiva la rete del sistema difensivo e di comunicazione.
La canonica
L’abitazione è la parte che ha subito il maggior numero di modifiche nel corso dei secoli: certamente esistevano delle preesistenze, forse il nartece, su cui si inserì, nel 1521, l’intervento di Giulio Vitelli. L’appartamento è stato ricavato abbattendo, almeno parzialmente, la facciata della Pieve. Le testimonianze più rilevanti che rimangono di quest’intervento sono l’apparato delle volte dell’ingresso e della cucina a piano terra e la finestra guelfa nella facciata nord, da cui il vescovo si affacciava per benedire il popolo in occasione della festa di San Crescenziano.La volontà di rendere l’edificio simile ai bei palazzi e chiese che i Vitelli facevano edificare in quegli anni a Città di Castello, è evidente nella realizzazione di tipologie voltate articolate, impostate su peducci accuratamente lavorati di gusto rinascimentale. Si realizza uno scalone interno di collegamento fra i vari livelli con ampie rampe probabilmente voltate a botte e numerosi stemmi gentilizi sono apposti in facciata ed all’interno. L’immagine rinascimentale dell’edificio, quale il Vitelli l’aveva voluta, si trasforma con gli interventi dei secoli XVII e XVIII, dettati da un’urgenza abitativa e di conservazione più che da una precisa volontà edificatoria. Le finestre diventano più piccole e prive di pretese formali; la finestra guelfa, forse in parte coinvolta in un crollo, viene reinserita malamente nella muratura. La Pieve assume la fisionomia di edificio rurale che le foto anteriori alla massiccia ristrutturazione dell’abitazione, realizzata nel 1957, ci trasmettono.
Il culto di San Crescenziano
A pochi chilometri dal centro abitato dell’odierna Pietralunga sono emersi i resti di una stazione di sosta di epoca romana, posta lungo un “diverticulum” della via Flaminia e ciò a dimostrazione che il territorio di Pietralunga era ubicato in posizione non marginale rispetto all’apparato stradale romano. L’inarrestabile propagazione del Cristianesimo mina alle basi la struttura dell’Impero e, proprio in questo momento, si hanno le prime notizie sulla diffusione della dottrina Cristiana nell’Alta Valle del Tevere, di cui si vuole protagonista un soldato romano convertito alla nuova religione. Si narra che Crescenziano, fuggendo da Roma, si rifugiò nel territorio tifernate. Un castigo divino, nella forma di drago, opprimeva le “genti idolatre” ed egli lo sconfisse con la preghiera e con la lancia, introducendo il cristianesimo nella Valle del Tevere. L’instancabile opera di conversione cui dedicò la vita attirò le ire del potere romano; fu condotto al martirio il primo giugno, presumibilmente nell’anno 303, nella località di Saddi ed ivi fu sepolto insieme ad altri compagni. La scelta del luogo dell’esecuzione, congiuntamente con il ritrovamento di alcuni reperti di epoca romana, induce ad ipotizzare la presenza di un tempio pagano sito probabilmente ove oggi si trova la chiesa. Le successive invasioni barbariche determinarono la nascita di insediamenti costruiti a scopo di difesa, collegati da percorsi di crinale. Situata lungo uno di questi percorsi, la Pieve di Saddi assunse un ruolo ragguardevole nella geografia ecclesiastica medievale divenendo importante luogo di devozione e meta di pellegrinaggio; il culto delle sue reliquie si espanse nell’Umbria, nella Toscana, nel Piceno fino a Roma dove parte del cranio di S. Crescenziano venne posta nella chiesa di San Lorenzo ad Theatrum. Il corpo fu poi donato alla città di Urbino nel 1068 anche se non è del tutto chiara la dinamica di questa donazione e sembra che una nebbia miracolosa sia stata necessaria per proteggere gli Urbinati nel loro cammino verso casa, dall’esercito dei Tifernati furiosi. La rimanente parte del cranio fu conservata nella Pieve di Saddi dove veniva imposta sul capo dei fedeli per ottenere la guarigione dal mal di testa; si trova ora nella Chiesa inferiore della Cattedrale di Città di Castello al disotto dell’altare dedicato al Santo. Iconograficamente S. Crescenziano viene raffigurato come un legionario romano a cavallo che uccide il dragone serpentiforme aiutandosi con una lancia e già il bassorilievo, probabilmente del nono secolo, inserito nella parete sinistra della Pieve, così lo ritrae. La tradizione popolare riconosceva in alcune ossa di mammut, i resti del drago ucciso dal santo: una costola di grandi dimensioni rotta in due pezzi era un tempo collocata nella chiesa, un’altra costola è ancora conservata nella chiesa di S. Pietro delle Carpini, vicino a Montone, una terza si trovava in casa Ubaldini ad Urbino, le ossa della spalla erano nella Chiesa di S. Giovanni di Rignaldello presso Città di Castello.
Rosi (a cura di); Pieve de’ Saddi, un luogo alle origini del cristianesimo altotiberino; in: Architettura e Territorio n. 10; Petruzzi Editore; Città di Castello, 2011
Questo pannello tattile è il primo risultato concreto del progetto AccoglienzeAccessibili, creato due anni fa dalla nostra Associazione Sentieri di felicità odv e attuato per la prima volta proprio presso questa Parrocchia di Pieve de’ Saddi, luogo di rilevanza religiosa, storica, culturale, nonché un punto sosta fondamentale sulla Via di Francesco. Interamente finanziato e fortemente voluto da Sentieri di felicità odv, il pannello è pensato per le persone non vedenti ma, in realtà, è accessibile a tutti, perché grazie al QRcode, che rimanda proprio a questa pagina, vengono fornite informazioni utili sulla Pieve de’ Saddi, considerata la culla della cristianità umbra. Da quasi quattro anni Sentieri di felicità odv si occupa di accessibilità e inclusione in ambito sociale e di cammini. Il nostro principale obiettivo è condividere un mondo senza ultimi, in cui tutti possano godere della vita e della gioia dell’aiuto all’altro.
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