Nel sec. XI, quando il vescovo Pietro rifece “dalle fondamenta” la cattedrale “con grande lavoro e ingenti spese” , fu costruita la cripta, nella quale furono riposti i corpi dei santi patroni. L’originaria cripta romanica fu ampliata nella ristrutturazione trecentesca della chiesa e adornata a seguito del ritrovamento dei corpi santi, avvenuta nel 1356. Nel sec. XV venne trasformata nell’attuale struttura architettonica rinascimentale. L’ampio vano, esteso per tutta l’ampiezza della basilica, con arcate ribassate su forti pilastri, viene comunemente indicato come “duomo inferiore” o “duomo di sotto”. Durante i lavori di restauro, nel 1955, fu rinvenuto il trecentesco perimetro dell’abside pentagonale, tracciato, a memoria storica, sulla pavimentazione del 1979. Della costruzione trecentesca restano, come si è detto, gran parte della facciata laterale nord con il grande portale scolpito, la traccia dell’arco dell’antico ingresso nella chiesa inferiore ed il chiostro. Al fervore spirituale, destato dal ritrovamento dei corpi santi, si deve probabilmente l’affresco raffigurante san Florido: opera di un autore di scuola umbra del sec. XV. Il dipinto, scoperto casualmente nel 1630 su di un pilastro centrale, venne staccato nel 1960 ed esposto in una cappella laterale.
L’affresco fu ritrovato sul pilastro centrale, il primo a destra di chi entra dalla piazza: pilastro ben riconoscibile, perché in seguito all’urgente consolidamento del 1979-1980, presenta dimensioni molto più grandi di quelle degli altri. Che il dipinto risalga probabilmente a questo periodo di operoso fervore cittadino lo fa supporre il testo degli Annali del 1471, già ricordato. Vi si legge infatti che il 16 dicembre 1356 “fu ordinato… che sull’altare si ponesse un quadro dipinto o scolpito in alabastro o in marmo con belle e devote immagini, e che tutte le pareti intorno all’altare fossero dipinte ed istoriate, allogando il quadro e le pitture a ottimi e celebri artefici”. La presenza di “ottimi e celebri artefici” poté consigliare qualche altro lavoro, quale l’affresco del pilastro, realizzato forse nel Quattrocento, come altri lavori, decretati nel 1356 ed attuati a di-stanza di molti decenni.
Attorno al pilastro dell’affresco fu scavato in seguito il terreno per circa due metri di profondità per costruirvi una piccola cappella con altare, detta “cappella dell’immagine”.
Successive trasformazioni sono ricordate dal Certini: “Monsignor Lucantonio Eustachi, Vescovo di Città di Castello, volendo nel mese di Giugno dell’anno 1697 accrescere lume alla Chiesa inferiore della Sua Cattedrale. del quale non poco scarseggiava, fece aprire il fenestrone a piedi le Scale Laterali della parte del Palazzo della Comunità in quel luogo, ove anticamente era un Portone, che a quelle dava l’ingresso, serrato forse per l’accompagno delle Cappelle disposte all’intorno dell’Altare detto della ‘Confessione’ ove riposano li Corpi dei Nostri Santi Protettori”. Nel 1789 un forte terremoto atterrò la cupola, portata a termine nel 1683 su disegno di N. Barbioni. Il crollo della cupola fece sprofondare il pavimento della chiesa superiore e seppellì sotto le macerie “l’altare della confessione”, lasciando però illesa l’urna delle reliquie dei santi patroni. Fu presto rifatto l’altare con sopra la decorazione a stucco e nel 1793 le sacre ceneri solennemente riposte nell’urna marmorea, furono racchiuse dentro un antico sarcofago in pietra, collocato sotto l’altare . A ricordo furono poste due lapidi sul lato sud dell’altare con le seguenti scritte:
S.P.Q.T. ARAM F.
FR.BERIO.N.ORN.
Q.T. MOTU PERIIT
AD NOVAM REST.
EPS. LANCI ET PII
AERE S. CONTUL.
M. INVIOLATUM
PETRVS SAEC. XI
ALXD. A. MDXL
DEIN A. MDCCVIIC
AB VRB. DIRUT. IV
EPI. RECOGNOV
Vengono ricordate, come è facile riscontrare, le solenni riposizioni dei corpi santi, fatte nel 1032 (“Petrus saec. xt”), nel 1540 dal vescovo Alessandro Filodori (“Alxd.A. MDXL”) e quella fatta dal vescovo Boscarini, non nominato, nel 1793, quattro anni dopo il terremoto (“dein a. MDCCVIIC ab urb. dirut. IV), testimone, tra gli altri, il conte G. Berioli. Altre due lapidi furono collocate sul lato nord dell’altare: FLORIDI CINERIBUS AMANTII LOCATIS GRIVICCIANI IN PACE VIRIANI COLLEGIUM CANONICORUM ORPHITI BENEMERENTIBUS EXUPERANTII
Le lapidi ricordano i santi, i cui corpi sono stati riposti sotto l’altare per volere dei canonici. L’ultima riposizione dei corpi santi fu fatta, anch’essa solennemente, con grande partecipazione di popolo, dal vescovo Cipriani nel 1935, nella solennità dei santi patroni. Le sacre ceneri erano state tolte dal sarcofago, quasi nascosto dall’altare soprastante, dal vescovo Liviero nel 1916 e collocate in un apposito reliquario. L’intenzione del vescovo Liviero interpretava l’esigenza di renderle visibili al popolo in preghiera, e di dare ad esse una migliore sistemazione, peraltro non definita. Il vescovo Cipriani, non conoscendo il progetto del suo predecessore, ritenne opportuno ricollocarle nell’antico sarcofago. Sul lato nord del sarcofago è fissata una lapide con la seguente iscrizione: PRAESULIS HIC FLORIDI REQUIESCUNT OSSA BEATI CORPORA SANCTORUM NECNON SUNT HIC ALIORUM. CUM QUIBUS ET SANCTI REQUIESCIT CORPUS AMANTI. CUNCTOS HIC SALVENT AUXILIA DIGNA PETENTES. (Riposano qui i resti del vescovo Florido e vi sono anche i corpi di altri santi. Con questi riposa anche il corpo di sant’Amanzio. Qui trovino salvezza tutti coloro che chiedono degni aiuti). Questa iscrizione era posta su un lato dell’altare prima che fosse coperto di marmo da Francesco Berioli (il cui nome si legge nella ricordata lapide, posta sul lato nord dell’altare): “Terminato questo giorno solenne (il 22 agosto 1540), ripose questo Prelato (il vescovo Filodori) nella Chie-sa inferiore dello scritto Tempio, le Reliquie venerabili di questi Santi, sotto l’Altar maggiore, che dallo Statuto e dalle memorie di Questi Archivi chiamasi della Confessione… Nella parte posteriore dello scritto Altare, prima che fosse ornato di marmi, e pietre dure, dalla pietà del sig. Francesco Berioli Nostri, si leggevano gl’infrascritti quattro versi latini, come scrive il P. Conti à carte 41 della sua storia de Santi Castellani:
Presulis hic Floridi requiescunt ossa Beati
Corpora sanctorum, nec non sunt hic aliorum,
Cum quibus, et Sancti requiescit Corpus Amanti.
Cunctos hic solvent, auxilia digna petentes”.
La decorazione a stucco sulla volta risponde alla preoccupa-zione di ornare l’altare, sull’esempio di quanto fu deciso nell’anno 1356. Alla fine degli anni 1930 fu realizzata la cappella dedicata alla Madonna della pace. La Madonna con Bambino, posta al centro, è dello “Sguazzino”. Nel 1955 il Capitolo Cattedrale, preoccupato per la statica del duomo e determinato a restituire il dovuto decoro all’antica cripta, dove nel periodo invernale (dal 2 novembre alla pasqua) si svolgono tutte le celebrazioni liturgiche a causa della naturale temperatura mite, iniziò dei lavori, che rimasero incompiuti per gravi difficoltà finanziarie e, soprattutto, per il mancato concorde parere di tecnici ed artisti. Si abbassò di oltre cm. 30 il pavimento, a partire dal pilastro ad ovest dell’altare fino al muro perimetrale della facciata, così che per poter accedere all’altare si crearono due scalini. Furono scoperte numerose tombe e fosse comuni, collocate presso i pilastri centrali e laterali. Sistemati i resti dei morti in due nuove grandi fosse comuni nella parte centrale della chiesa, furono riempite con colate di cemento le antiche tombe e fosse comuni, profonde anche oltre un metro e la “cappella dell’immagine”, officiata fino a quell’anno nella solennità dei santi patroni. L’abbassamento del pavimento ebbe lo scopo dichiarato di dare aria al locale, molto frequentato dal popolo nell’inverno, e fu eseguito senza preoccupazioni per la statica dell’edificio, assicurata, a parere dei progettatori, dalla nuova gettata di cemento, estesa a tutta la chiesa inferiore. Ma venne così alterata l’originaria fisionomia della struttura rinascimentale e questo non poteva in alcun modo essere giustificato. Nel quadro dei lavori di restauro della basilica, promossi dal Capitolo Cattedrale, su disegno dell’arch. Giorgio Giorgi e con l’assistenza della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali, negli anni 1979-80 sono stati consolidati con moderne tecniche i pilastri centrali ed è stato rifatto completamente quello ad est dell’altare, che poggiava su terreno tutto permeato di acqua; è stato rialzato il pavimento al livello originario e rifatta la pavimentazione in mattoni ed è stato ripristinato l’intonaco. Sistemate le spoglie dei vescovi nelle cappelle laterali, è stato adibito a sacrestia il vano già utilizzato per la sepoltura dei vescovi, che era l’anti-ca via, con volta a botte, tra la cattedrale e il palazzo comunale, chiusa nel 1577. È stato inoltre eretto l’altare della cappella del sacramento con mate-riale romanico, recuperato tra i resti della grande abbazia di Marzano: una colonna sorregge un massiccio capitello romanico, che funge da mensa, sopra il quale è posto un tabernacolo dipinto del Cinquecento. Nella cappella posta dinanzi all’ingresso della piazza era collocata la tela del cuore immacolato di Maria, opera di Vincenzo Barboni. Il dipinto, ordinato al pittore tifernate da P. Luigi Piccardini, fondatore del santuario di Canoscio, tra il 1839 e il 1846, fu portato nel 1861 in cattedrale, alla quale poi il religioso lo donò nel 1890. Il quadro fu allora adattato dentro la cornice della tela raffigurante san Carlo inginocchiato davanti al crocifisso, posta al centro della cappella dedicata al santo vescovo milanese, nella basilica, e la tela di san Carlo fu posta sulla parete sinistra della cappella.
Testo tratto da: “La Cattedrale tifernate e il suo Museo” – Celestino Vaiani – AC Grafiche 1991