Albertino nasce a Montone nella prima metà del secolo XIII. Accolta la vocazione monastica entra nell’eremo di Fonte Avellana, che dal 1192 possiede alcune terre proprio presso Montone. Nell’eremo del Monte Catria Albertino è documentato come priore dal 1265 al 1294. È proprio in alcuni capitoli della regola di san Benedetto, professata a Fonte Avellana, che si possono individuare i testi ispiratori della vita di Albertino: ad esempio, il capitolo 72 – che invita i monaci a stimarsi reciprocamente, a sopportare con pazienza le debolezze gli uni degli altri, a gareggiare nell’obbedienza vicendevole, a cercare ciò che è utile per l’altro – potrebbe avere influito su Albertino, diventato il “grande conciliatore”.
Fu anche priore maggiore della congregazione avellanita. Albertino è ricordato come autentico promotore di pace. Come priore maggiore, infatti, continua il servizio dei monaci alla popolazione attraverso una radicale opera di promozione della pace. È questa la specificità di Albertino, la cui azione si innesta in una già lunga tradizione di carità operosa. Albertino interviene sia per ricomporre le liti dell’eremo con altri monasteri o castelli della zona, sia per pacificare i comuni della zona dilaniati dalle lotte politiche, che in quel tempo sfociavano in contrasti armati che oggi chiameremmo guerre civili.
Albertino ha saputo accogliere le “nuove realtà” del suo tempo – il formarsi dei comuni, un certo anelito alla libertà da parte dei contadini, la diffusione degli Ordini mendicanti – non in quanto uomo dotato di “realismo politico”, bensì in quanto monaco. Dalla saggezza della Regola bene aveva imparato a “sopportare con pazienza” i disagi dei cambiamenti nella società e nella Chiesa, con i loro riflessi inevitabili sulla vita della propria comunità. Ma a questa capacità di “sopportare” si univa anche la sua disponibilità a “cercare l’utilità altrui” – cioè di tutti – piuttosto che intestardirsi a difesa dei diritti secolari della sua Congregazione monastica.
Secondo una tradizione avrebbe rinunciato alla carica di vescovo di Osimo per umiltà e per amore alla solitudine. Morì a Fonte Avellana il 13 aprile 1294 dove il suo sepolcro è meta continua di pellegrinaggi che ne invocano l’intercessione.