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“Avvento e Natale: tra fede e arte”

 

 

 

Domenica 27 novembre presso la chiesa di Santa Veronica a La Tina alle ore 16,00, si è tenuto l’incontro dal titolo: “Avvento e Natale: tra fede e arte”

La serata, organizzata dall’Associazione Chiese Storiche e la Corale Marietta Alboni, con il patrocinio della Diocesi di Città di Castello, il Comune di Città di Castello e l’Asseblea legislativa – Regione Umbria, ha visto la partecipazione di un pubblico numeroso ed interessato.

Molto apprezzato l’intervento della dott.ssa Monicchi, la presentazione delle opere della prof.ssa Bistoni e commento musicale eseguito dalla corale Alboni e dall’orchestra giovanile “I Concertisti”.

Registrazione della serata  

Solennità dei Santi Patroni Florido e Amanzio – Omelia di Mons. Luciano Paolucci Bedini

“Io sono il buon pastore, dice il Signore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me.” Queste parole del Vangelo di Giovanni ci accolgono stasera dentro la celebrazione solenne dei nostri Santi Patroni Florido e Amanzio. La cura di Dio nei confronti di noi suoi figli accade ogni giorno attraverso l’umile e fedele servizio di Colui che è stato mandato per essere il nostro Salvatore. L’unigenito Figlio amato del Padre, Gesù Cristo, il Signore risorto, è il nostro buon pastore. E questo mistero, accolto e compreso, per opera dello Spirito Santo, fa scaturire dal nostro cuore di credenti la preghiera del salmo che abbiamo condiviso. “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.” Nulla il Signore ci fa mancare nei giorni della storia che viviamo. Nulla manca di ciò che ci aiuta a vivere con fiducia e speranza anche i tempi faticosi che andiamo attraversando. E tra ciò che non può mancare, e davvero non manca, il Signore ci dona abbondante l’esempio della santità di questi nostri fratelli che si sono fidati del Vangelo e hanno dato la loro vita per la Chiesa che Dio ha radicato in questa terra benedetta. Carissimi, a tutti voi che siete il gregge amato e custodito dal Signore, rivolgo il mio più caro saluto e confido la mia gioia, e anche la mia emozione, nel celebrare con voi per la prima volta questa santa ricorrenza dei Patroni Florido e Amanzio. Un grato e cordiale saluto rivolgo anche a tutte le autorità politiche, civili e militari che hanno voluto essere presenti in questa solenne occasione che unisce le comunità ecclesiali e quelle sociali dell’intero territorio della Diocesi Tifernate. Un deferente saluto al Sindaco di Città di Castello Luca Secondi, e in lui a tutti gli altri Sindaci e rappresentanti delle amministrazioni comunali locali. Uno speciale ringraziamento alla comunità del Comune di Umbertide che, per mano del suo Sindaco Luca Carizia, ha quest’anno offerto l’olio che alimenta la lampada che splende ogni giorno davanti ai nostri Santi Patroni in questa suggestiva Chiesa Cattedrale. Nella prima lettura il profeta Ezechiele ci apriva il cuore di Dio. “Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine.” Fanno riflettere le parole della scrittura che descrivono l’opera di Dio per noi e il suo desiderio di proteggere la nostra vita perché sia buona e bella. E stupisce, fino alla commozione, la premura con cui il Signore ha realizzato continuamente questa sua volontà suscitando in mezzo al suo popolo apostoli e pastori secondo il suo cuore. Secoli dopo secoli. Epoca dopo epoca. Di generazione in generazione, come ama dire la Parola di Dio. Ogni vescovo, e ogni sacerdote, sono chiamati nella loro umana debolezza a mettere tutta la loro vita al servizio della Chiesa, di quel popolo che Dio ama sopra ogni cosa, e tutto questo solo per amore, anzi solo grazie all’amore che essi stessi ricevono da Dio. E di questa divina fedeltà paterna Florido e Amanzio sono una pagina luminosa. Una storia autentica e verace che ci fa bene continuare ad ascoltare e raccontare. Oggi abbiamo un terribile bisogno di sentire storie che restituiscano dignità e bellezza alla vicenda umana. Sentire e vedere esempi di donne e uomini, sorelle e fratelli, che di fronte alle loro responsabilità di adulti hanno fatto un passo avanti e non molti indietro. Ricevere notizie di bene e di giustizia che abbiano come protagonisti noi, nella semplicità del quotidiano, in qualità di genitori e figli, di amministratori e cittadini, di studenti e lavoratori, di credenti e pastori, di fratelli di tutti. Queste storie non mancano, anche in mezzo a noi e vicino. Alcune sono antiche, altre recenti, altre ancora stanno sbocciando ora. Di una di queste proprio oggi ricorre il 33esimo anniversario, sto parlando della comunità terapeutica del CEIS, e mi fa piacere poterlo ricordare con gratitudine e incoraggiamento in questo contesto. Dice san Pietro ai futuri pastori: “pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge.” Leggendo e approfondendo la storia e la vita dei nostri due Santi mi colpiscono alcune peculiarità che, pur comuni alle narrazioni agiografiche, risplendono per l’intensità legata all’originalità della persona e per lo stretto legame con il contesto storico e territoriale. Una di queste è raccontata dall’episodio del loro ritorno in questa Città dopo la sua distruzione ad opera dei Goti. Due amici preti cosa potevano fare? Chi avrebbe chiesto loro conto della situazione e responsabilità nel da farsi? Eppure dal loro animo scaturisce la forza per incitare tutti gli altri alla speranza. Il loro sguardo, capace di un oltre pieno di fiducia e novità, condiziona e coinvolge il desiderio di molti. Che abbiano ricostruito in parte o in toto la Cattedrale e la Città poco importa. Il proseguo della storia dice che i cittadini e i fedeli della futura Città di Castello ardenti di tanto zelo chiedono con forza che Florido diventi il loro nuovo vescovo, e Amanzio con lui continui a servirli. Avevano bisogno di un nuovo pastore che li guidasse e non hanno avuto dubbi nel pensare a coloro che in nome di Dio di loro si erano presi cura. In alcune immagini del vescovo Florido egli, vestito degli abiti pontificali, regge in mano il modellino di Città di Castello. È un’immagine comune a tanti pastori che, in certe epoche antiche, hanno rappresentato un riferimento autorevole, non solo per le questioni spirituali o ecclesiastiche, ma anche per le vicende civili della comunità che ero loro affidata. La storia ricorda ciascuno dei due come Defensor civitatis e questo titolo, lungi dal significare una ingerenza indebita nel campo temporale, indicava invece l’attenzione sincera e concreta del pastore verso tutte quelle questioni che accomunano i cittadini di un determinato territorio. Molte volte la loro parola o i loro interventi hanno aiutato a dirimere controversie accese o a sciogliere tensioni pericolose. Così quella piccola città tra le mani sicure di quell’uomo di Dio mi fa pensare al rapporto che come Chiesa siamo chiamati ad avere con le nostre città, perché anche la città e le sue istituzioni sentano la comunità ecclesiale interessata e coinvolta nella responsabilità per il bene comune, e solidale nell’affrontare le questioni che toccano la vita di tutti. Florido e Amanzio hanno amato questa terra e questa Città. Oggi la Chiesa diocesana tifernate non può escludersi dal sentirsi parte attiva della vita di questo territorio. Occorre un sussulto di fede e di speranza per tornare a voler conoscere con verità le reali situazioni in cui ci troviamo, le difficoltà che ci pesano, i pericoli che stiamo correndo, e le cause che generano tutto ciò. Ma è necessario da parte nostra soprattutto uno sguardo di amorevole vicinanza alla vita di coloro che abitano con noi queste antiche mura, perché nessuno si senta abbandonato o escluso, e perché ciò che manca sia soccorso prima di tutto con un atteggiamento di condivisione, senza attendere che altri se ne accorgano e se ne facciano carico. Il brano della lettera di san Pietro termina con una promessa: “E quando apparirà il Pastore supremo, riceverete la corona della gloria che non appassisce.” Questa promessa si è realizzata per grazia di Dio anche per i nostri Santi Florido e Amanzio, e noi ne siamo testimoni grati e orgogliosi. Essi hanno ricevuto la corona di gloria che non appassisce dal supremo buon pastore, ed essa risplende per loro, ma anche per noi. Il riflesso della loro vita santa continua ad essere custodito dalla fede e dalla devozione di questa Chiesa e di questo popolo. Celebriamo solennemente il canto di lode della gratitudine della Chiesa per l’esempio di questi nostri fratelli, mentre supplichiamo il Signore che ci conceda, per l’intercessione dei Santi Patroni Florido e Amanzio, di continuare ad essere, in questa sua amata Città e Diocesi, suoi servitori fedeli gli uni per gli altri. Amen.

Monastero Santa Cecilia di Città di Castello – 600 anni di vita francescana

Quest’anno ricorrono i 600 anni dalla fondazione del Monastero Santa Cecilia di Città di Castelloluogo francescano di preghiera e di accoglienza pellegrina particolarmente integrato nel tessuto della città. Le Sorelle Clarisse, a ricordo del centenario, stanno organizzando alcune iniziative culturali per il prossimo mese di novembre. Il primo appuntamento, nel giorno 11 novembre (ore 17,30), prevede la conferenza con titolo “Monastero Santa Cecilia di Città di Castello – 600 anni di vita francescana” con interventi di don Andrea Czortek, arch. Pierfrancesco Zangarelli, padre Felice Autieri e il saluto della Madre Badessa Sr. Carmela Salvato. Verrà affronta la complessa storia del monastero, nato dall’unione di tre realtà monastiche nate fra il 1400 e il 1500, lo sviluppo urbanistico dal 1422 ed il percorso storico-religioso dalla regola di Santa Chiara di Assisi sino a quella emanata da papa Urbano IV.
Il giorno 22 novembre, festa di Santa Cecilia titolare del monastero, verrà celebrata la S. Messa dal vescovo diocesano S.E. Mons. Luciano Paolucci Bedini e verrà animata dalla Schola Cantorum “Anton Maria Abbatini” della Cattedrale di Città di Castello (ore 18,15). Successivamente, il giorno 25 novembre, concerto in onore del Monastero Santa Cecilia nell’antica chiesa di San Giuseppe della Schola Cantorum “Anton Maria Abbatini”, direttore Alessandro Bianconi (ore 21,00). Infine, nelle giornate del 26 e 27 novembre (con orario dalle 15,30 alle 18,30), le Sorelle Clarisse apriranno eccezionalmente alcune sale interne del monastero per delle visite guidate a cura dell’associazione “le Rose di Gerico”, organizzatrice dell’evento, con esposizione delle antiche pergamene contenenti gli “Atti Tifernati del III ordine di San Francesco” (1253-1599). Prima apertura del museo interno al monastero e visita all’affresco della venerata  immagine quattrocentesca della Madonna della Divina Provvidenza, custodita dalle monache. Evento patrocinato dalla Diocesi di Città di Castello e dal Comune di Città di Castello
11 novembre 2022 – ore 17:30 Sala San Giovanni decollato
 (Via Pomerio San Girolamo – Città di Castello PG)
Incontro di approfondimento: Monastero Santa Cecilia di Città di Castello. 600 anni di vita francescana
Contributi: don Andrea Czortek, arch. Pierfrancesco Zangarelli, padre Felice Autieri
22 novembre 2022 – ore 18:15 Festa di Santa Cecilia – Chiesa di San Giuseppe del Monastero S. Cecilia
(Via della Fraternita, 1C – Città di Castello PG)
Santa Messa celebrata da S.E. Mons. Luciano Paolucci Bedini, vescovo di Città di Castello, animata dalla Schola Cantorum “Anton Maria Abbatini”
Al termine, tradizionale omaggio musicale della Filarmonica “Giacomo Puccini” di Città di Castello
25 novembre 2022 – ore 21:00 Concerto in onore del Monastero Santa Cecilia
(Chiesa di San Giuseppe del monastero Santa Cecilia – Via della Fraternita, 3 – Città di Castello PG)
Schola Cantorum “Anton Maria Abbatini”
Direttore  Alessandro Bianconi
26-27 novembre 2022 – Visite dalle ore 15:30 alle 18:30 Monastero Santa Cecilia
Percorso guidato all’interno del Monastero
Per celebrare i 600 anni del monastero verranno esposte le antiche pergamene contenenti gli “Atti Tifernati del III ordine di San Francesco” (1253-1599), verrà inaugurato il museo dedicato al ricordo delle monache del Monastero Santa Cecilia in Paradiso e verrà aperta per il culto la cappellina con la quattrocentesca immagine miracolosa della Madonna della Divina Provvidenza.
Durata prevista per ciascuna visita: 1 ora
PARTECIPAZIONE GRATUITA
Per la visita guidata nel monastero è richiesta la prenotazione
email: info@lerosedigerico.it / tel. 3711886742

La comunità di Lama saluta e ringrazia le suore “Figlie della Misericordia”

Domenica 13 novembre alle ore 10.30 presso la scuola materna “San Giovanni Bosco” in via Nova a Lama sarà scoperta la targa ricordo realizzata dalla mano esperta di Luca Meoni e dalla EBV Fotoceramica. Con questo segno l’intera comunità della frazione sangiustinese intende ringraziare la Suore Figlie della Misericordia che, ritiratesi da qualche mese per motivi anagrafici, hanno svolto il loro servizio per 88 anni, dal 1934 al 2022.

Con grandissima generosità verso il paese la Congregazione “Figlie della Misericordia” ha deciso – nei mesi scorsi – di donare alla parrocchia di Lama l’edificio della scuola materna.

Il nuovo anno scolastico si sta svolgendo regolarmente dopo la che la gestione della scuola è stata affidata alla “Cooperativa San Francesco di Sales” di Città di Castello.

Suor Cristina Pasquetti sta facendo la spola quotidianamente dalla casa madre delle suore “Figlie della Misericordia” di Città di Castello alla scuola di Lama per garantire la più serena continuità con la precedente gestione. I ragazzi iscritti alla scuola materna proporranno un breve saggio della loro bravura. La banda di Lama accompagnerà l’evento con alcuni brani musicali.

Alle ore 11.15 sarà celebrata la Santa Messa nella chiesa parrocchiale di Lama.

La sezione “F. Sbarretti” di San Giustino – Citerna dell’Associazione Nazionale Carabinieri nell’occasione commemorerà la “Vigo Fidelis”.

13 Novembre – Solennità dei Santi Florido (vescovo) e Amanzio (sacerdote) – Patroni della diocesi di Città di Castello

 

Il concerto della corale “A. M. Abbatini” e la santa messa con la partecipazione delle confraternite della diocesi domenica scorsa hanno introdotto la settimana in preparazione alla festa dei santi Florido ed Amanzio. La schola cantorum “Abbatini” ha eseguito, tra gli altri brani, lo “Stabat Mater” di P. Mealor in prima esecuzione italiana. Alessandro Bianconi  ha diretto la corale della Cattedrale e la “Orchestra Instabile Di Arezzo”, solisti Agnese Perioli ed Emanuela Agatoni.

Durante la Santa Messa delle ore 18.30 mons. Luciano Paolucci Bedini ha potuto conoscere le confraternite presenti in tante parrocchie della diocesi.

Domenica 13 novembre sarà il giorno solenne della festa dei patroni.

Ricorda il vescovo che “la Solennità dei nostri Patroni Florido e Amanzio, il 13 novembre, è festa solenne di tutta la comunità diocesana e civile, e occasione per radunarci nella nostra bella Basilica Cattedrale nella preghiera di gratitudine al Signore per l’esempio sublime di santità che questi due nostri fratelli ci hanno lasciato.Sarà per me occasione di presiedere per la prima volta questa ricorrenza fondamentale della nostra storia ecclesiale, insieme al gesto dell’offerta dell’olio per la lampada che arde davanti ai nostri Patroni e che quest’anno viene portato dall’amministrazione comunale di Umbertide e dal suo Sindaco come è già avvenuto negli scorsi anni per gli altri sei comuni del territorio occupato dalla nostra diocesi”.

Il 13 novembre in Cattedrale saranno celebrate le messe ogni ora dalle ore 8 alle ore 12.  

 Alle ore 18 la Solenne Celebrazione Eucaristica sarà presieduta dal vescovo diocesano mons. Luciano Paolucci Bedini.

 

 

 

La comunità diocesana di Città di Castello si sta preparando a celebrare – domenica 13 novembre – i santi patroni, Florido, vescovo, e Amanzio, sacerdote.

Vale la pena ricordare che la storia dei santi affonda le radici attorno all’anno 520 quando Florido nacque a Città di Castello. Studiò lettere e teologia. Attorno all’anno 542 il vescovo lo nominò diacono. Qualche tempo dopo Florido, con Amanzio e Donnino, fuggì a Perugia, poiché Città di Castello era stata assediata dalle truppe di Totila. Qui il vescovo Ercolano, lo ordinò sacerdote. Quando Perugia cedette a Totila il vescovo Ercolano fu ucciso. Florido, tornato a Città di Castello, la trovò distrutta dai barbari. Nella drammatica situazione seppe tenere unita la popolazione e organizzare la ricostruzione. Aiutandosi l’un l’altro come fratelli, Florido vescovo, Amanzio sacerdote e Donnino laico/eremita, hanno dato vita a una Chiesa autentica, animata dalla fede e dalla carità, fondata sulla certezza dell’amore di Dio che dà la forza di ricostruire le mura, le case, il castello, le strade, ma soprattutto una comunità umana e cristiana. Papa Pelagio, accogliendo la preghiera dei cittadini, nominò Florido vescovo. Egli si impegnò nel predicare la Parola di Dio, vivendo con giustizia e carità. Morì a Pieve de’ Saddi il 13 novembre 599. La cripta della Cattedrale di Città di Castello custodisce i resti mortali dei santi patroni.

In Duomo domenica 13 novembre saranno celebrate le sante messe ogni ora dalle ore 8 alle ore 12.

 Alle ore 18 la solenne celebrazione, presieduta dal vescovo diocesano mons. Luciano Paolucci Bedini sarà trasmessa in diretta da TRG sul canale 13 in tv e in streaming sul sito web www.trgmedia.it.

 

……IL NOSTRO CAMMINO

Sorelle e fratelli nel Signore, questo di Novembre è il mese dei Santi e della Santità! La Chiesa ci ricorda che la radice della nostra vita è in Dio e, divino è anche il nostro destino. Siamo fatti non solo di terra, ma anche di cielo e, il Cielo di Dio è la Casa che ci attende per l’eternità. Così la fede ci fa comprendere e vivere questo tempo e questo orizzonte. Non è questo il mese dei morti, come comunemente diciamo, ma semmai è il tempo in cui ricordiamo a noi e al Signore i nostri cari che hanno già attraversato la soglia della morte per entrare nella pienezza della vita beata, consapevoli e desiderosi di raggiungerli in quella comunione eterna. Noi non diventiamo santi, ma nasciamo santi per la grazia del Battesimo e, la santità è il cammino della nostra vita. Nella santità, non la nostra, ma quella di Dio, noi siamo chiamati a vivere e sperare ogni giorno, per tutti i giorni della nostra vita. Questo cammino non è di qualcuno solamente, ma tutti noi credenti siamo stati santificati dal dono dello Spirito Santo che nei sacramenti della Chiesa ci ha liberati da una vita soffocata dal peccato, dal male e dalla morte, per aprirci la via di un’esistenza piena e salva con il Signore. Non dobbiamo dunque conquistare o meritare la santità, ma accoglierla e custodirla con l’aiuto dell’amore di Dio che riceviamo nella Comunità ecclesiale. Santi lo siamo per dono e non possiamo godere di questo se non nella condivisione con le sorelle e i fratelli con i quali ci troviamo protagonisti di questa storia. Ora perché la Chiesa possa essere per molti l’occasione di conoscere il Signore della vita e della storia e, ad esso affidare la proprio esistenza, c’é bisogno che la Sua santità sia visibile, credibile e toccabile. È la grande sfida della testimonianza della fede, che non è propaganda, ne proselitismo, ma solo desiderio profondo che la nostra gioia sia di tutti, e debito assoluto verso gli altri dell’amore che Dio ha per noi. La santità della Chiesa è contagiosa e attraente se i santi che la compongono, cioè noi, lasciamo trasparire nella nostra quotidianità la luce della tenerezza misericordiosa di Dio Padre. Dio c e s i d i Cit t à d i Ca s t e l l o Fo g l io d i c o l l e g a m e n t o 2 Di questa vita bella, fatta bella dall’amore di Dio, che è la santità, in questo mese celebriamo la memoria solenne dei Santi Patroni della Diocesi di Città di Castello, Florido, vescovo e Amanzio, sacerdote. Due innamorati del Vangelo, fratelli e amici nel Signore, che hanno speso tutta la vita per rendere bella la Chiesa che Dio gli aveva affidato e raccontare con la loro esistenza la gioia dell’incontro con Gesù risorto. Esempi che ci scaldano il cuore e ci aprono la strada! Questo orizzonte della santità è anche in fondo la sfida e l’obiettivo del Cammino Sinodale che condividiamo con tutte le Chiese che sono in Italia. Riprendiamo proprio in questi primi mesi dell’anno pastorale questo lavoro di preghiera e di confronto tra noi, alla luce dello Spirito Santificatore, proprio per immaginare una Chiesa più bella e capace di lasciar vedere la santità di Dio. In questo itinerario camminano insieme anche le nostre due sante Chiese sorelle di Città di Castello e di Gubbio per imparare a conoscersi e ad amarsi. Il Dio Santo e Fedele ci doni di vivere con gioia questo tempo santo!

don Luciano

 

La Solennità dei nostri Patroni Florido e Amanzio, il 13 novembre, è festa solenne di tutta la comunità diocesana e civile, e occasione per radunarci nella nostra bella Basilica Cattedrale nella preghiera di gratitudine al Signore per l’esempio sublime di santità che questi due nostri fratelli ci hanno lasciato. Sarà per me occasione di presiedere per la prima volta questa ricorrenza fondamentale della nostra storia ecclesiale, insieme al gesto dell’offerta dell’olio per la lampada che arde davanti ai nostri Patroni e che quest’anno viene portato dall’amministrazione comunale di Umbertide e dal suo Sindaco come è già avvenuto negli scorsi anni per gli altri sei comuni del territorio occupato dalla nostra diocesi.

Il Cammino Sinodale delle Chiese d’Italia, è ripreso anche nella nostra Diocesi con l’Assemblea? pastorale che si è celebrata la scorsa settimana nelle tre zone per coinvolgere più persone e dare avvio ai Cantieri di Betania che ci guideranno nella riflessione e nel confronto di questo anno. Tutti siamo chiamati a portare il nostro contributo per crescere nella capacità di essere in mezzo al mondo seme di speranza e casa accogliente per ogni fratello e sorella. La Segreteria diocesana ci aiuterà a lavorare insieme nei prossimi mesi.

La VI Giornata mondiale dei Poveri, si celebra nella stessa domenica 13 novembre, sul tema “Gesù? Cristo si è fatto povero per voi”. Tra i nuovi poveri ci sono i profughi ucraini in fuga dall’«insensatezza» di una guerra scoppiata per «il diretto intervento di una “superpotenza” che intende imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli». È a loro che Papa Francesco rivolge il pensiero in questa Giornata. L’iniziativa vuole essere una sana provocazione per riflettere sul nostro stile di vita e sulle tante povertà del momento presente e al tempo stesso un’opportunità di grazia per fare un esame di coscienza personale e comunitario.

L’incontro mensile dei presbiteri e dei diaconi con il vescovo si terrà mercoledì 16 novembre, dalle ore? 9:30 (pranzo compreso) presso la casa delle Piccole Ancelle del Sacro Cuore. È l’occasione di condividere nella fraternità il cammino della Chiesa diocesana e l’attenzione per la nostra vita a servizio della Comunità.

La seconda Giornata nazionale di preghiera della Chiesa italiana per le vittime e i sopravvissuti agli? abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Preghiamo per le vittime, chiedendo perdono al Signore per i peccati commessi anche dagli uomini di Chiesa. Questa Giornata è un’occasione per far crescere la coscienza e la responsabilità del popolo di Dio nei confronti dei bambini, ragazzi e degli adolescenti affidati alla nostra custodia.

La Giornata delle claustrali si celebra il 21 novembre. Mentre ringraziamo il Signore per la? testimonianza fedele dei cinque monasteri di clausura presenti in diocesi, nei quali circa 35 monache hanno consacrato la loro esistenza alla lode di Dio, chiediamo a queste amate sorelle di continuare con forza e speranza a pregare per la nostra Chiesa e la nostra Città, soprattutto per un fruttuoso cammino sinodale, e perché il Signore ci doni la sua misericordia.

La XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù sarà celebrata quest’anno in due momenti distinti:? il 20 novembre, festa solenne di Cristo Re dell’universo, nelle Chiese particolari di tutto il mondo e, nella prossima estate, a livello mondiale nel raduno di Lisbona, dal 1 al 6 agosto 2023. Il tema di riflessione indicato da Papa Francesco – «Maria si alzò e andò in fretta» (Lc 1,39) – ci da lo spunto per riflettere su due azioni: svegliarci e alzarci. È un appello ai giovani perché si alzino e si mettano subito all’opera per essere protagonisti gioiosi di un nuovo inizio per l’umanità intera.

In occasione dei 600 anni dalla fondazione del Monastero Santa Cecilia di Città di Castello? (1422-2022), luogo di preghiera e di accoglienza particolarmente caro ai tifernati e molto conosciuto dai pellegrini del Cammino di Francesco, è stato presentato (e qui pubblicato più avanti) il programma degli eventi organizzati. Sono un bel modo di conoscere la storia di un luogo storicamente importante della Città e per mostrare vicinanza e affetto alle monache che lì vivono, pregano e operano a beneficio di tutti.

21 Novembre – 2022 GIORNATA DELLE CLAUSTRALI

Tutti noi siamo debitori della preghiera incessante dei monaci e delle monache che in ogni angolo del mondo vivono in clausura. La Chiesa invita noi a pregare per loro e invita a riflettere sul loro inestimabile valore. La scelta contemplativa non è fuga dalla realtà ma apre all’ingresso del Signore nella storia dell’uomo. Il 21 novembre, nella memoria della presentazione della Beata Vergine Maria al tempio, ricorre la Giornata Pro orantibus, o Giornata di preghiera per le Claustrali, istituita da Pio XII nel 1953. Qualche anno dopo la giornata fu fissata al 21 novembre, perché nell’offerta totale di Maria a Dio si riconosce l’ideale della vita consacrata e contemplativa. L’intenzione di papa Pio XII nell’istituire questa giornata era quella di far conoscere a tutta la Chiesa la vita contemplativa, per pregare e sostenere economicamente i monasteri delle claustrali. Forse apparirà per lo meno strano che sia necessario far conoscere alla Chiesa uno dei carismi di cui Dio l’ha dotata per il bene di tutti… ma così strano non è! Nei monasteri dei diversi Ordini presenti nel mondo, “cuore orante” delle varie Diocesi, vivono “nascoste” circa 38.000 monache. Una precisazione sul senso di questo “nascondimento”. Quando san Paolo dice “la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio”, parla della vita cristiana in generale e indica un’esistenza immersa in Lui per mezzo del battesimo e condotta nell’umile ferialità del quotidiano; un’esistenza nella quale Dio è il riferimento continuo della vita, del pensare, del sentire, del discernere e dell’agire. E non solo: una vita che irradia fuori di sè il proprio senso, la propria ragione ultima. Una vita che narra, annuncia, proclama, anche con la voce profonda del silenzio, l’amore fatto carne in Gesù di Nazaret, la sua pasqua di morte e di risurrezione. Si può capire allora quale sia il senso più vero del termine “vita nascosta” riferito alla vita contemplativa: essa semplicemente esplicita, in maniera totalizzante, la più profonda dimensione di appartenenza a Cristo alla quale ciascuno è chiamato, e resta lì, al cuore di ogni Diocesi, come memoria di ciò che riguarda tutti i battezzati. E vuol mettere ciascuno in movimento, inquietare il cuore di ciascuno e svegliarlo dal sonno, per affascinarlo di Vangelo… come il lievito nascosto nella pasta che la fa fermentare tutta. Ma come fare, concretamente, a lasciarsi “lievitare di Vangelo”? Fidandosi della Parola che ci strappa al nostro sonno, fidandoci della storia che Dio sta facendo con noi, fidandoci del suo amore! In una sua lettera pastorale (Sto alla porta, 1992), il cardinal Martini parlava dell’eccedenza della carità e lo faceva in termini che possono adattarsi bene anche a noi: Il discepolo del Vangelo è pure chiamato a […] saper manifestare l’eccedenza della carità evangelica, la sua forza escatologica e non solo la sua dimensione storico-sociale. È solo l’amore di Dio, che ci dà la forza di ribellarci alla logica imperante che ci vuole tutti appiattiti sul presente, che ci fa guardare oltre gli spazi angusti dell’io del quale siamo prigionieri, che ci strappa dalla ricerca del benessere personale come fosse il culmine della felicità… Ci dà la forza e il gusto di ribellarci per non farci rubare la libertà e la speranza che Cristo ci ha conquistato e partecipato! Inizio della libertà è non difenderci dall’amore smisurato che Dio nutre per noi. Libertà in atto è rispondervi mettendolo al centro della vita e lasciarci portare lì dove vorrà. Ecco quindi cosa si nasconde dietro la Giornata di preghiera per le Claustrali: la memoria che c’è un oltre che ha il potere di strapparci a noi stessi, che ci invita a perdere noi stessi per amore, che ci fa sentire legati al destino di ogni uomo e che ci fa collaborare, pur poveramente e umilmente, alla pienezza della sua felicità. Che è sempre e solo in Dio.

20 Novembre 2022 – XXXVII Giornata Mondiale della Gioventù 2022

C’è Maria, la fretta “buona” che la spinge ad andare ad aiutare Elisabetta dimenticandosi di sé, c’è Gesù che viene incontro e abita in mezzo a noi, Lui – afferma il Papa – è la risposta alle sfide dell’umanità di oggi, attraversata dalla guerra e dall’emergenza sanitaria. Sono molti e diversi gli spunti che Francesco offre ai giovani nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona sul tema: “Maria si alzò e andò in fretta”, tratto dal Vangelo di Luca. Un Messaggio nel quale emergono anche le tentazioni grandi che i giovani vivono: il restare “intrappolati” nelle reti o a contemplare nello specchio la propria immagine. La tentazione di vivere superficialmente, guidati da una fretta “non buona” che porta ad essere distanti, distratti, assenti con la mente e il cuore. Francesco offre al contempo una risposta che è pienezza: quella che arriva quando Dio entra nella vita di ognuno, come accadde a Maria, e quando questo suo abitare “ci porta dritti al cuore di ogni nostro fratello e sorella”. Risvegliarsi alla vita Il cammino verso l’appuntamento portoghese 2023 è stato scandito da altri messaggi; nel 2020 la meditazione era sulla parola di Gesù: «Giovane, dico a te, alzati!» (Lc 7,14); nel 2021 la figura di San Paolo apostolo, a cui il Signore Risorto disse: «Alzati! Ti costituisco testimone di quel che hai visto». Alzarsi, scrive il Papa, vuol dire “risorgere”, “risvegliarsi alla vita”. Lisbona, sottolinea Francesco, “rappresenterà un nuovo inizio per voi giovani e – con voi – per l’umanità intera”. Giovani non “intrappolati” ma aperti Risvegliarsi, sperimentare la presenza di Cristo è “un’esplosione di luce che non può lasciare fermo nessuno”. La sperimenta Maria dopo l’annuncio dell’angelo che la spinge ad andare, sapendo che i piani di Dio sono “il miglior progetto possibile per la sua vita”. “Maria – si legge nel Messaggio – diventa tempio di Dio, immagine della Chiesa in cammino, la Chiesa che esce e si mette al servizio, la Chiesa portatrice della Buona Novella!” La connessione genuina è quella dell’incontro “Non potete risolvere tutti i problemi del mondo. Ma magari potete iniziare da quelli di chi vi sta più vicino, dalle questioni del vostro territorio”. Francesco cita Madre Teresa di Calcutta che parlando del bene che faceva diceva che era una goccia nell’oceano, “ma se non lo facessi- affermava la santa – l’oceano avrebbe una goccia in meno”. La strada che indica il Papa è quella dei bisogni concreti, urgenti per i quali è importante agire in fretta. Francesco si sofferma sulle “frette” che agitano il cuore dei giovani, sa che in tanti “colpiti da realtà come la pandemia, la guerra, la migrazione forzata, la povertà, la violenza, le calamità climatiche” si chiedono “perché proprio a me?”. Invita anche a guardare alla fretta di Maria che è propria di coloro che hanno ricevuto doni straordinari e non possono far a meno di condividere. L’incontro tra generazioni Il Papa si sofferma sulla fretta “non buona”, quando le relazioni personali e sul lavoro diventano sterili perché non ci si mette la testa e tanto meno il cuore. Vivere l’incontro con Gesù diventa totalizzante perché è “rispetto, assenza di pregiudizi e di condanne, sguardo di misericordia che non avevamo mai incontrato negli altri”. Insieme per superare anche le guerre Proprio l’incontro tra generazioni aiuta a superare le distanze “tra classi sociali, tra etnie, tra gruppi e categorie di ogni genere” e anche le guerre. “I giovani sono sempre speranza di una nuova unità per l’umanità frammentata e divisa. Ma solo se hanno memoria, solo se ascoltano i drammi e i sogni degli anziani”. “Non è casuale che la guerra sia tornata in Europa nel momento in cui la generazione che l’ha vissuta nel secolo scorso sta scomparendo”. Le lezioni della storia servono a superare gli estremismi. Unica risposta “Gesù – scrive Francesco – è la risposta di Dio di fronte alle sfide dell’umanità in ogni tempo”. Guardando al Portogallo, terra di missionari e benedetta dalla Madonna di Fatima, il Papa rinnova il suo invito a tutti i giovani del mondo a partecipare alla Gmg per sperimentare, dopo tanto isolamento, la gioia dell’incontro.

18 novembre 2022 – 2ª GIORNATA DI PREGHIERA PER LE VITTIME DI ABUSI

Una Giornata nazionale di preghiera della Chiesa italiana per le vittime e i sopravvissuti agli abusi, per la tutela dei minori e delle persone vulnerabili. Potrebbe sembrare un appuntamento formale, visto il moltiplicarsi delle “giornate” dedicate ai temi più diversi. Ma la decisione del Consiglio permanente Cei non è né scontata né banale. Indica invece la volontà della Chiesa italiana di ribadire e proseguire nella svolta di trasparenza e di «parresia» in nome del Vangelo confermata dalle decisioni di questi ultimi anni. La «Giornata» – che sarà celebrata ogni anno il 18 novembre – si inserisce in quella rete di impegni e di iniziative che hanno visto, all’indomani dell’approvazione delle linee guida per il contrasto agli abusi e il sostegno delle vittime (giugno 2019), il consolidarsi di una struttura che conta ormai in tutte le comunità su un referente specifico, su un pool di esperti (psicologi, psicoterapeuti, operatori di pastorale familiare, giuristi) e su uno sportello di ascolto (servizio ancora non presente ovunque), oltre che di un vescovo responsabile in ogni regione ecclesiastica. In questo mosaico che va ormai completandosi, la giornata di preghiera e di sensibilizzazione può diventare un appuntamento per ricordare che la Chiesa italiana, anche sul fronte del contrasto agli abusi e dell’educazione al rispetto e alla promozione dei soggetti più vulnerabili, c’è e intende fare la sua parte fino in fondo, mettendo da parte incertezze e imbarazzi del passato. Con una serie di iniziative promosse dalle Chiese locali in tutto il Paese, si celebra quest’anno II Giornata. L’appuntamento, istituito in corrispondenza della Giornata europea per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale, coinvolge tutta la comunità cristiana nella preghiera, nella richiesta di perdono per i peccati commessi e nella sensibilizzazione riguardo a questa dolorosa realtà. Il tema che accompagna questo secondo appuntamento di consapevolezza e comunione è tratto dal Salmo 147: «Il Signore risana i cuori affranti e fascia le loro ferite». Dal dolore alla consolazione. Il Salmo celebra il Signore che ha creato il mondo e se ne prende cura, mantenendolo in vita e, allo stesso tempo, non abbandonando mai il suo popolo nel caos del dolore, che sconvolge la quotidianità e a volte fa smarrire l’identità. L’immagine della cura delle ferite del cuore lascia intendere la capacità di Dio di conoscere la sua gente nel profondo: ci sono ferite che non traspaiono all’esterno, ma che sono incise nell’intimo. Lì Dio sa arrivare per lenire il dolore e per avviare una guarigione profonda. Questa è la consolazione che aspetta coloro che sono legati al Signore: i dolori non sono esclusi, ma nessun dolore è definitivo. E così nasce la lode che incornicia il Salmo: il Signore non ha lasciato il suo popolo nel momento della sofferenza, né ha atteso che si riprendesse da solo. Lo ha invece raggiunto per riportarlo a casa, per consentirgli di tornare ad essere sé stesso: il popolo dei salvati. Da queste riflessioni nasce il tema della II Giornata nazionale di preghiera per le vittime e i sopravvissuti agli abusi. La consolazione, non atto formale ma imperativo per la comunità cristiana, diventa prossimità, accompagnamento, custodia, cura, prevenzione e formazione. Non si può distogliere lo sguardo davanti alle ferite provocate da ogni forma di abuso, né ci può essere guarigione senza la presa in carico del dolore altrui. Nella fiducia del conforto del Signore in ogni dolore, ciascuno è chiamato a sostenere questa nuova coscienza che matura e cresce nelle nostre Chiese.

Domenica 13 novembre 2022 – 6ª GIORNATA MONDIALE DEI POVERI

Gesù Cristo si è fatto povero per voi (cfr 2 Cor 8,9) Poveri ed “impoveriti” dalla “tempesta” della pandemia, indigenti, profughi e sfollati a causa della guerra in Ucraina, dove “il diretto intervento di una ‘superpotenza’” intende “imporre la sua volontà contro il principio dell’autodeterminazione dei popoli”. È a tutti costoro che Papa Francesco dedica il Messaggio per la VI Giornata Mondiale dei Poveri, che si celebra il 13 novembre. Un lungo documento nel quale il Papa stigmatizza sin dalle prime righe una delle principali cause di povertà del nostro tempo: la guerra. Una “sciagura”, scrive, che si è affacciata all’orizzonte poco dopo che si era aperto “uno squarcio di sereno” dopo la pandemia. Una tragedia “destinata ad imporre al mondo uno scenario diverso”. Il conflitto in corso ormai da oltre cento giorni, afferma il Pontefice, è andato “ad aggiungersi alle guerre regionali che in questi anni stanno mietendo morte e distruzione”, ma “il quadro si presenta più complesso”. Si ripetono scene di tragica memoria e ancora una volta i ricatti reciproci di alcuni potenti coprono la voce dell’umanità che invoca la pace. “Quanti poveri genera l’insensatezza della guerra!”, esclama Francesco. “Dovunque si volga lo sguardo, si constata come la violenza colpisca le persone indifese e più deboli. Deportazione di migliaia di persone, soprattutto bambini e bambine, per sradicarle e imporre loro un’altra identità”. Sono milioni le donne, i bambini, gli anziani costretti a sfidare il pericolo delle bombe pur di mettersi in salvo cercando rifugio come profughi nei Paesi confinanti. Quanti poi rimangono nelle zone di conflitto, ogni giorno convivono con la paura e la mancanza di cibo, acqua, cure mediche e soprattutto degli affetti In questi frangenti, “la ragione si oscura e chi ne subisce le conseguenze sono tante persone comuni, che vengono ad aggiungersi al già elevato numero di indigenti”. Non solo: “Più si protrae il conflitto, più si aggravano le conseguenze”, osserva il Papa. Lo slancio, quindi, di “intere popolazioni” che in questi anni hanno aperto le porte per accogliere milioni di profughi da Medio Oriente, Africa e ora Ucraina, come pure l’altruistismo di tante famiglie che “hanno spalancato le loro case per fare spazio ad altre famiglie”, si trova a collidere con la durezza di una realtà fuori controllo: I popoli che accolgono fanno sempre più fatica a dare continuità al soccorso; le famiglie e le comunità iniziano a sentire il peso di una situazione che va oltre l’emergenza. Tuttavia adesso è “il momento di non cedere e di rinnovare la motivazione iniziale”, incoraggia Francesco, “ciò che abbiamo iniziato ha bisogno di essere portato a compimento con la stessa responsabilità”. La solidarietà è proprio questo: “Condividere il poco che abbiamo con quanti non hanno nulla, perché nessuno soffra. Più cresce il senso della comunità e della comunione come stile di vita e maggiormente si sviluppa la solidarietà”. Inoltre, scrive il Papa, bisogna considerare che ci sono Paesi dove, in questi decenni, si è attuata una crescita di benessere significativo per tante famiglie che hanno raggiunto uno stato di vita sicuro: “Come membri della società 16 civile, manteniamo vivo il richiamo ai valori di libertà, responsabilità, fratellanza e solidarietà. E come cristiani, ritroviamo sempre nella carità, nella fede e nella speranza il fondamento del nostro essere e del nostro agire”. “Agire” è infatti, per il Pontefice, la parola chiave: Davanti ai poveri non si fa retorica, ma ci si rimbocca le maniche e si mette in pratica la fede attraverso il coinvolgimento diretto, che non può essere delegato a nessuno. A volte, invece, sembra subentrare “una forma di rilassatezza, che porta ad assumere comportamenti non coerenti, quale è l’indifferenza nei confronti dei poveri”. Succede “che alcuni cristiani, per un eccessivo attaccamento al denaro, restino impantanati nel cattivo uso dei beni e del patrimonio. Sono situazioni che manifestano una fede debole e una speranza fiacca e miope”, annota il Papa. Non è il problema del denaro in sé, che fa parte della vita quotidiana delle persone e dei rapporti sociali, bensì il valore che esso possiede per noi: Un simile attaccamento impedisce di guardare con realismo alla vita di tutti i giorni e offusca lo sguardo, impedendo di vedere le esigenze degli altri. Nulla di più nocivo potrebbe accadere a un cristiano e a una comunità dell’essere abbagliati dall’idolo della ricchezza, che finisce per incatenare a una visione della vita effimera e fallimentare Quindi, chiosa Francesco, non si tratta di avere verso i poveri “un comportamento assistenzialistico”. Non è l’attivismo che salva, ma l’attenzione sincera e generosa che permette di avvicinarsi a un povero come a un fratello che tende la mano perché io mi riscuota dal torpore in cui sono caduto Il Papa rinnova l’invito “urgente” a trovare “nuove strade che possano andare oltre l’impostazione di quelle politiche sociali concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri e tanto meno inserita in un progetto che unisca i popoli”. C’è un paradosso che oggi come nel passato è difficile da accettare, perché si scontra con la logica umana: c’è una povertà che rende ricchi… L’esperienza di debolezza e del limite che abbiamo vissuto in questi ultimi anni, e ora la tragedia di una guerra con ripercussioni globali, devono insegnare qualcosa di decisivo: non siamo al mondo per sopravvivere, ma perché a tutti sia consentita una vita degna e felice Gesù stesso mostra che c’è “una povertà che umilia e uccide”, e c’è “un’altra povertà, la sua, che libera e rende sereni”. La povertà che uccide è “la miseria, figlia dell’ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse. È la povertà disperata, priva di futuro, perché imposta dalla cultura dello scarto che non concede prospettive né vie d’uscita”. Quando l’unica legge diventa il calcolo del guadagno a fine giornata, allora non si hanno più freni ad adottare la logica dello sfruttamento delle persone: gli altri sono solo dei mezzi. Non esistono più giusto salario, giusto orario lavorativo, e si creano nuove forme di schiavitù, subite da persone che non hanno alternativa e devono accettare questa velenosa ingiustizia pur di racimolare il minimo per il sostentamento La povertà che libera, al contrario, è “quella che si pone dinanzi a noi come una scelta responsabile per alleggerirsi della zavorra e puntare sull’essenziale”. “Incontrare i poveri – afferma il Pontefice – permette di mettere fine a tante ansie e paure inconsistenti, per approdare a ciò che veramente conta nella vita e che nessuno può rubarci: l’amore vero e gratuito”. I poveri, dunque, “prima di essere oggetto della nostra elemosina, sono soggetti che aiutano a liberarci dai lacci dell’inquietudine e della superficialità”.